Il
Cammino di Santiago, cammino spiriturale Don
Sandro Lusini, parroco di Porto S.Stefano (GR)
http://santiago.pellegrinando.it/sandro/sandro.htm
Una
peregrinazione millenaria
Il
Pellegrinaggio a Santiago de Compostella, conosciuto
fin dal IX secolo d.C., col nome di "Camino
de Santiago" o "via Lattea" ha rappresentato
una delle creazioni più originali dello spirito
cristiano, "fiaba millenaria dello spirito"(F.
Mauriac) un itinerario dove fede, religiosità popolare,
arte, letteratura, tradizioni, leggende e vicende
storiche si mescolano facendone un pilastro della
civiltà europea o secondo una felice espressione
di Goethe "l’Europa è nata in pellegrinaggio
a Compostella e la sua lingua materna è il cristianesimo".
A
Santiago de Compostella sono conservate le spoglie
mortali dell’Apostolo S.Giacomo; costui, secondo
una più che fondata tradizione, evangelizzò la penisola
iberica, arrivando dall’Andalusia fino alla remota,
celtica Galizia. Ritornato in Palestina, muore martire
nel 42/44 decapitato da Erode Agrippa. I suoi discepoli,
Teodoro e Anastasio, ne rubano il corpo e lo trasportano
su di una barca in Galizia, ad Iria Flavia, per
poi seppellirlo dopo aver eretto un’arca marmorea.
Nei secoli, per persecuzioni e migrazioni varie,
se ne perdono le tracce fino a che nel IX secolo
il monaco Pelayo, interpretando misteriose luci
su di un tumulo in un campo (da qui "Campus
Stellae" Compostella), avvisato il vescovo
Teodomiro, viene rinvenuta un’arca di marmo con
i resti mortali di un uomo decapitato. Inizia il
mito di Santiago, San Giacomo: il re delle Asturie
informa Papa Leone III, Carlo Magno e altri personaggi
della cristianità, fa erigere una prima chiesa e
in pochi anni, anche in seguito alle necessità politico-religiose
di contrastare l’avanzata araba nella Spagna, si
sviluppa un movimento religioso e il pellegrinaggio
che da tutta Europa porta sempre più numerose folle
alla tomba dell’apostolo, facendo di Santiago una
delle città sante del cristianesimo accanto a Roma
e Gerusalemme.
Successivamente
i monaci di Cluny, i re di Spagna, Pontefici, personaggi
illustri, come S.Bernardo, faranno del pellegrinaggio
a Santiago uno dei cardini religiosi più importanti
dell’Europa cristiana.
Ancora
oggi, in un rinnovato fervore spirituale, migliaia
di persone raggiungono Santiago ripercorrendo le
antiche vie, ricevendo ospitalità negli antichi
ospizi e nelle chiese disseminate lungo il percorso
che nel 1987 il Consiglio d’Europa ha proclamato
"Primo Itinerario Culturale d’Europa".
Lo stesso Papa Giovanni Paolo II nel 1982 radunò
a Santiago gli abati delle principali abbazie d’Europa
e consegnò alla città un memorabile discorso sulle
radici cristiane dell’Europa; infine nel 1989 a
Santiago si svolse una delle memorabili Giornate
Mondiali della Gioventù: da allora sempre più numerosi
sono i giovani che dalla vecchia Europa e dagli
altri continenti si muovono, come gli antichi pellegrini,
verso la città dell’Apostolo.
Soprattutto
il pellegrinaggio a piedi sta rivivendo una stagione
particolarmente feconda dato il significato penitenziale
e spirituale dello stesso, recuperando quei valori
dello spirito, dell’accoglienza, della capacità
di riflessione ed interiorizzazione della fede che
un percorso non legato ai ritmi frenetici e spesso
alienanti della nostra era, sa ancora conservare
intatti e nuovi per l’uomo contemporaneo.
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Partiti da St. Jean Pied de Port)
Con
questo spirito Don Sandro Lusini, Sergio Schiano
e Claudio Giovani da Porto S.Stefano hanno voluto
ripercorrere a piedi i circa 750 chilometri che
separano Roncisvalle da Santiago, rivivere il significato
del cammino, la visita dei luoghi santi disseminati
lungo la via, i momenti di preghiera personali e
comunitari, la conoscenza e la condivisione con
altri fratelli della fatica della marcia, del sacrificio,
della riflessione e interiorizzazione del messaggio
cristiano, liberi da condizionamenti di tipo materiale.
E’
stato percorso quello che comunemente è chiamato
il "Camino francese", il più attrezzato
per quanto riguarda le strutture di accoglienza
e quello con le maggiori "attrattive"
naturalistiche, storiche, artistiche ma soprattutto
spirituali.
Partiti
il 28 maggio da St. Jean Pied de Port, nei Pirenei
francesi, la prima tappa a Roncisvalle di fatto
si può considerare il vero inizio del "Camino":
qui nell’antica collegiata, legata alle storie di
Carlo Magno e dei suoi paladini, al canto del Veni
Creator, dei solenni Vespri in latino dei canonici,
dopo la S.Messa hanno ricevuto, insieme al altri
pellegrini, l’antica benedizione del pellegrino
con lo specifico compito di compiere un "vero
cammino interiore" sotto la guida dell’Apostolo
S.Giacomo e di Maria SS.ma.
In
effetti sono tante le immagini di S.Giacomo e di
Maria che hanno accompagnato i pellegrini durante
le soste di Trinidad de Arre, Pamplona, Puente la
Reina, Estella, Viana, Najera.
Le
prime giornate di cammino sono state caratterizzate
dal caldo torrido, non comune in queste regioni
dei Pirenei e della Navarra, con temperature di
35°-40°, da tappe di circa 30 Km giornalieri, rese
più difficili dal percorso assai accidentato, dal
peso dello zaino (10-12Kg) e dal sorgere delle vesciche,
le famigerate "ampollas".
A
Najera i tre pellegrini hanno ricevuto ospitalità
nell’antico "Hospitales" dei pellegrini,
adiacente il Monastero di Santa Maria la Real, dove
si venera una delle più belle e antiche immagini
di Maria, la "Virgen del Camino". Il culto
e la devozione mariana è particolarmente viva lungo
il "Camino": la "freccia gialla",
la "flecha amarilla" che insieme alla
conchiglia indica la strada per Compostella, segnata
in tutte le forme e in ogni luogo, perfino nei semafori
delle città, è chiamata dagli spagnoli, ed è bellissimo,
la "flecha Maria", la freccia Maria.
Il
pellegrino, vedendola, non può allora non rivolgere
la sua preghiera a colei che da Nazareth "si
mise in cammino" per andare a servire la cugina
Elisabetta, che accompagnò Gesù con discrezione
e amore lungo il suo peregrinare per le strade della
Palestina fino al Calvario, e che soprattutto attese
vigliante con gli Apostoli l’effusione delo Spirito,
grazie al quale il messaggio evangelico si è diffuso
fino agli "estremi confini della terra".
Lasciata
Najera abbiamo fatto tappa a S.Domingo della Calzada,
il caldo è meno opprimente e il percorso e' sicuramente
più piacevole e rilassante delle giornate precedenti:
si svolge interamente tra campi coltivati, vigneti
e sentieri agricoli.
Dopo
lunghi chilometri solitari ecco S.Domingo della
Calzada, importante cittadina del Camino: il paese
deve il nome a santo Domingo uno dei più grandi
benefattori della storia della rotta jacopea: nella
cattedrale, particolarità unica al mondo, si conserva
una gabbia intagliata dove ci sono due polli bianchi
e... vivi, a ricordo di un miracolo che qui avvenne
molti secoli fa.
Da
S.Domingo entriamo nella Castilla y Leon e facciamo
tappa a Belorado alloggiando nell'antica chiesa
di S.Maria: dopo fatto la doccia, lavato i panni,
curato le piaghe, le "ampollas" dei nostri
piedi, partecipiamo alla Messa e alla veglia di
Pentecoste. Al termine il parroco di Belorado invita
tutti i pellegrini presenti a recarsi nella cappella
di Santiago per ricevere la Benedizione del Pellegrino.
E' un momento particolarmente bello e intenso: nelle
varie lingue spiega il significato religioso del
pellegrinaggio jacopeo poi, dopo l'invocazione allo
Spirito Santo, recitiamo nelle diverse lingue, spagnolo,
francese, inglese, tedesco e italiano un salmo biblico.
Al
mattino presto, ancora buio, solo le cinque, lasciamo
Belorado verso San Juan de Ortega, uno dei luoghi
più suggestivi: vi si arriva da un paesaggio solitario
e selvaggio, i Montes de Oca: e' un'emozione scorgere
il complesso monumentale del Monastero, nella cui
chiesa, dalle volte gotiche, e' conservato l'unico
capitello romanico che rappresenta il Mistero dell'Annunciazione
ed e' legato al fenomeno che qui chiamano "il
miracolo della luce": il capitello viene infatti
illuminato direttamente dal sole nei giorni dell'equinozio,
quando un raggio di sole riesce ad entrare con la
giusta angolazione attraverso la finestra andando
a lambire di luce dorata il prezioso rilievo, in
particolare il grembo della Vergine, colei che porta
al mondo "la luce vera, quella che illumina
ogni uomo" (Gv 1,9).
Domenica
pomeriggio siamo a Burgos, capitale del regno di
Castilla fin dal 1035, la città del Cid Campeador
e dell'imponente cattedrale gotica, al cui interno
e' conservato il santo Cristo di Burgos presso il
quale sostiamo in silenziosa preghiera.
Lasciata
Burgos "il Camino de Santiago" entra nelle
"mesetas", altopiano dall'aspetto desertico,
tavolato lievemente ondulato, ora pietroso ora coperto
di frumento: nonostante il caldo torrido attraversarle
regala un fascino incredibile, una suggestione mai
provata prima: alcune fonti lungo il percorso ci
aiutano ad andare avanti, nello spazio che ci circonda
gli unici rumori che si avvertono sono i nostri
passi.
Finalmente
troviamo un piccolo rifugio di origine templare,
Arroyo San Bol, e come tradizione, immergiamo i
nostri piedi nelle acque fredde della sorgente per
trovare un pò di refrigerio, ma soprattutto per
alleviare le screpolature delle vesciche.
Passiamo
la notte a Hontanas e al mattino presto superiamo
l'ultima meseta e dopo Castrojeriz iniziamo il Camino
nella Tierra de Campos, un'immensa pianura assolata,
senza alcuna vegetazione ad eccezione degli interminabili
campi coltivati a grano. Facciamo sosta all' Ermita
di San Nicolas, un eremo del sec. XIII ristrutturato
dalla Confraternita Italiana di san Jacopo di Perugia,
che oggi ospita uno dei rifugi più caratteristici
del Camino, dove i pellegrini di passaggio vengono
accolti, secondo un antico rito, con la lavanda
dei piedi.
Anche
noi riceviamo questo particolare "omaggio",
ci sentiamo un pò a casa nostra in quanto finalmente
possiamo parlare nella nostra lingua e dopo aver
sostato in preghiera all'interno dell'eremo davanti
ad un'icona del Cristo Signore e dell'immancabile
statua di Santiago riprendiamo il nostro Camno verso
Fromista, dove nella chiesa romanica di S.Martin
facciamo l’adorazione eucaristica.
Attraversiamo
la "Tierra de campos", una vasta piana,
completamente circondati dalle messi di frumento
che ormai cominciano a biondeggiare: insieme al
rosso dei papaveri e al bianco delle margherite
sembra un enorme tappeto che si apre sotto i nostri
piedi, quasi a volere lenire le asperità della strada
di origine romana, le cui pietre e sassi battono
inesorabilmente sotto le scarpe, provocando così
sempre nuove vesciche (ampollas).
A
Villalcasar de Sirga partecipiamo alla Messa nella
chiesa romanica dedicata a santa Maria la Blanca:
dopo l'eucaristia il parroco accompagna la nostra
peregrinazione verso Santiago con una speciale Benedizione:
di nuovo sentiamo più che mai vicino ai nostri passi
la Santa Vergine e l'Apostolo del Signore.
Queste
tappe sono abbastanza deserte, si e' isolati più
che mai: questa sfida alla solitudine pone più che
mai il pellegrino dinanzi a quella che resta al
tempo stesso una delle parti più autentiche del
"Camino": la riflessione interiore, la
preghiera paziente, lo sguardo deciso, sereno, proteso
in avanti verso la Meta da raggiungere.
A
Sahagun, definita la "Cluny di Spagna"
per le numerose abbazie riceviamo ospitalità nella
ex-chiesa della Trinidad: fa una certa emozione
dormire dentro la navata di una chiesa, sovrastati
dalle volte a crociera e dalle arcate gotiche. E'
quasi l'anticipazione di ciò che abbiamo provato,
l'indomani, dopo una dura giornata di cammino, nella
splendida Cattedrale di Leon, quella che gli storici
chiamano la "Pulchra leonina".
E'
sicuramente l'opera maggiore del gotico spagnolo,
iniziata tra il XII e XIII sec., a croce latina,
tre navate, cinque absidi radiali, ma soprattutto
1.800 mq. di vetrate.
Un'amalgama
di luce e colori dall'effetto suggestivo abbracciano
lo spossato pellegrino che, subito, riacquista energia
e vitalità, tanta e' la bellezza e l'emozione "mistica"
che il tempio trasmette e infonde.
Purtroppo
il tempo stringe e dobbiamo riprendere il "Camino"
in direzione di Astorga, e anche qui, la cattedrale
con le sue torri e guglie sembra da lontano farci
compagnia nell'assolato pomeriggio: in serata partecipiamo
alla Messa prefestiva insieme alle Monache di Clausura
della Chiesa dello Spirito Santo.
Domenica
mattina, molto presto (le 5) partiamo per una delle
tappe più lunghe e dure del nostro pellegrinaggio:
con l'attraversamento della "valle del silenzio"
lasciamo la Castilla y Leon ed entriamo nella regione
montuosa del Bierzo: tocchiamo qui le quote più
alte, Rabanal del Camino (1.200 mt), Foncebadon
(1.400 mt) paese fantasma e infine salendo ancora
arriviamo ai 1504 mt della Cruz de Hierro. E' uno
dei luoghi/simbolo del Camino: un lungo palo di
legno con sopra una croce di ferro, eretta dall'eremita
Gaucelmo intorno al 1123, nello stesso punto dove
sorgeva un altare dedicato al dio pagano Mercurio.
Alla
base della coce si e' formata una montagnola di
pietre, da secoli portate dai pellegrini. Anche
noi ripetiamo questo semplice gesto accompagnandolo
con la recita dell'Angelus e dalle invocazioni alla
Vergine, a Santiago e oggi (e' il giorno della sua
canonizzazione) a S.Agostino Roscelli.
Dopo
una breve sosta a Manjarin, caratteristico rifugio
di ispirazione templare, concludiamo la giornata
a El Acebo. E' ancora giorno e allora approfittiamo,
dopo una doccia un po' avventurosa e...fredda, per
lavare gli indumenti, risistemare lo zaino e soprattutto
prenderci cura dei nostri piedi.
Le
vesciche stanno lentamente guarendo, ma un altro
pericolo si aggira per il pellegrino: le infiammazioni
ai tendini.
In
effetti sarà questo, insieme ad alcune tappe un
po' più lunghe della media e il brusco cambiamento
del clima e del tempo la maggiore preoccupazione
dei tre pellegrini giunti ormai in Galizia: mancano
"solo 200" chilometri all'abbraccio con
Santiago e ora più che mai e' necessaria la sua
protezione: Ultreya! dicevano gli antichi pellegrini
e Ultreya! ripetono oggi con la stessa intensità
i pellegrini del Terzo Millennio.
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E
al canto del "Te Deum" i tre pellegrini
sono arrivati a Santiago
"
O Dio, che portasti fuori il tuo servo Abramo dalla
città di Ur dei Caldei e che fosti la guida del
popolo d’Israele attraverso il deserto, ti chiediamo
di custodirci, noi tuoi servi, che per amore del
tuo nome andiamo pellegrini a Santiago de Compostella.
Sii
per noi compagno nella marcia, guida nelle difficoltà,
sollievo nella fatica, difesa nel pericolo, albergo
nel Cammino, ombra nel calore, luce nell’oscurità,
conforto nello scoraggiamento e fermezza nei nostri
propositi perché, con la tua guida, giungiamo sani
e salvi al termine del Cammino e, arricchiti di
grazia e di virtù, torniamo illesi alle nostre case,
pieni di salute e perenne allegria.
Per
Cristo nostro Signore. Amen
San
Giacomo, Apostolo di Gesù, prega per noi.
Maria,
madre di Dio, prega per noi"
Pregate
per noi a Compostella! Ultreya! Suseya!
Le
parole della benedizione ricevuta alla nostra partenza
nell’antica collegiata di Roncisvalle riecheggiano
nel nostro cuore e nei nostri pensieri mentre iniziamo
l’ultima settimana nel nostro "Camino"
entrando in Galizia.
A
Villafranca del Bierzo ci accoglie una delle chiese
romaniche più antiche dedicate a Santiago: il suo
splendido portale è chiamato la "Puerta del
Perdòn", perché un decreto di Papa Callisto
III conferì il privilegio dell’Indulgenza per quei
pellegrini che, qui malati, non potevano proseguire
per Compostella.
Pian
piano i monti della Galizia fanno sentire di nuovo
le difficoltà della marcia: raggiungiamo i 1293
mt. del Cebreiro, altro luogo mitico del "Camino".
In questa altura, nella chiesa retta dai monaci
cluniacensi, si conserva il calice del Miracolo
Eucaristico avvenuto all’inizio del XIV secolo:
un contadino sale al Cebreiro per ascoltare la Messa
nonostante l’imperversare di una tormenta di neve.
La tempesta lo fa giungere in ritardo e in cuor
suo se ne dispiace molto. Il sacerdote che celebra,
sicuramente di minor fede, ride invece silenziosamente
di lui e di tutta quella fatica per ricevere un
pò di pane e di vino...Ma al momento della consacrazione,
l’ostia che tiene in mano si converte in carne e
il vino in sangue... Ancora oggi nella cappella
di destra il calice del miracolo viene conservato
ed esposto per l’adorazione dei pellegrini.
Il
due protagonisti, il prete incredulo e il contadino
ricco di fede, per espresso desiderio della regina
Isabella di Castiglia, sono seppelliti uno accanto
all’altro nella cappella di sinistra della chiesa.
Lasciato
il Cebreiro, ormai la testa, il cuore, le.... gambe
dei tre pellegrini non hanno che un’unica meta:
Santiago. Le ultime tappe, assai lunghe, non concedono
soste se non per il riposo e per la notte: Triacastela,
Sarria, Palas do Rei, Arzua, Lavacolla passano tra
continui saliscendi e rovesci ...d’acqua non troppo
gradita.
Finalmente,
Sabato pomeriggio siamo al "Monte do Gozo",
il Monte della Gioia: da questa altura (mancano
solo 5 Km a Santiago) i pellegrini, di ieri e di
oggi, vedono per la prima volta in lontananza la
città di Santiago e le torri della sua imponente
Cattedrale.
Dopo
venti giorni di cammino, giornate di sforzi, vesciche,
dolori muscolari ma anche di tanti incontri ed emozioni
la meta è lì, a pochi minuti di marcia.
Trascorriamo
la notte al Monte do Gozo, in un moderno complesso
di accoglienza costruito sull’enorme spianata che
nel 1989 vide qui radunarsi circa 700.000 giovani
per una delle famose Giornate Mondiali della Gioventù
con il Papa Giovanni Paolo II.
Don
Sandro c’era in quel memorabile agosto del’89, insieme
ad una cinquantina di giovani della Diocesi, e con
i suoi ricordi e racconti riesce ad appassionare
ancora di più i suoi due compagni di pellegrinaggio,
Sergio e Claudio, all’incontro con Santiago.
Domenica
mattina partiamo presto, come sempre, e lo zaino
sembra più leggero del solito, anche i dolori alle
gambe sembrano meno intensi.
Scendiamo
dal Monte do Gozo pregando e pian piano la preghiera
si ritma con la cadenza dei passi, alla Porta del
Camino entriamo nella città vecchia e tutti e tre
insieme leggiamo il "Te Deum", attraversiamo
la via Sacra, calle Azabacheria, plaza de las Platerias,
ed infine plaza de Obradoiro, la piazza della Cattedrale.
Piangiamo
di gioia e commozione: il "Camino" è compiuto,
la paura di non farcela si è sciolta, ringraziamo
con il canto dell’Alleluia il Signore e pian piano
ci avviciniamo con altri pellegrini alla scalinata
che ci introduce al Portico della Gloria e alla
tomba dell’Apostolo S.Giacomo.
Il
Portico della Gloria, il portale a tre archi della
Cattedrale, ci fa rimanere abbagliati: è un gruppo
scultoreo romanico unico, meraviglia della scultura
medievale e dell’arte universale, opera di Maestro
Mateo iniziato intorno all’anno 1188.
L’arco
centrale, il più maestoso, è presieduto da Cristo
glorioso in trono, secondo la visione e la descrizione
dell’Apocalisse di Giovanni. La sua figura è circondata
dai quattro evangelisti; otto angeli portano i segni
della passione e altre figure ai lati rappresentano
i santi. Nell’archivolto sono rappresentati i ventiquattro
anziani dell’Apocalisse nell’atto di accordare i
propri strumenti musicali per la solenne liturgia
celeste.
La
colonna centrale (detta albero di Jesse) raffigura
la storia genealogica di Cristo, ed è sormontata
dalla statua dell’apostolo s.Giacomo colma di espressione
e serena bellezza in viso, nell’atto benevolo di
accogliere i pellegrini.
I
cinque solchi presenti in questa colonna, formati
lungo i secoli dall’atto di poggiarvi la mano destra,
testimoniano il ringraziamento e la richiesta di
benedizione all’apostolo compiuti da migliaia di
pellegrini lungo i secoli.
Anche
noi ripetiamo questo gesto, insieme all’altro, caratteristico
per il pellegrino, di abbracciare sull’altare magg
iore
il busto d’argento dell’Apostolo, ormai amico e
compagno di vita.
Con
profonda pietà ci disponiamo e ci prepariamo alla
confessione sacramentale, poi alle 12,00 la Messa
Solenne del pellegrino e alla fine assistiamo al
rito del Botafumeiro, il gigantesco turibolo dell’incenso
che viene fatto oscillare spettacolarmente da un
estremo all’altro della navata a crociera, quale
significativo riconoscimento dell’avvenuto pellegrinaggio
con lo speciale invito di diffondere sempre, in
ogni angolo del mondo, il soave profumo del Cristo,
ad imitazione del pescatore di Galilea, Giacomo
di Zebedeo, apostolo del Signore.
Il
pellegrinaggio è concluso, ma il "Camino"
riprende: è la Domenica del Corpus Domini, usciamo
portando solennemente l’Eucaristia per le strade
della città fra pellegrini devoti e distratti turisti,
dall’alto della guglia della Cattedrale un’immagine
di Santiago, con sguardo benevolo, sembra sorriderci
e ci invita a guardare in alto, lassù... "donde
se cruza el camino del viento con el de las estrellas"
(dove si incrocia il cammino del vento con quello
delle stelle).
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"Non
basta essere nel cammino quanto piuttosto essere
il cammino".
Riflessioni in margine al "Camino
de Santiago"
Ho
letto questa frase nella "concha", la
conchiglia del pellegrino, in uno dei tanti zaini
a fianco del letto in un rifugio del Cammino di
Santiago, durante il pellegrinaggio recentemente
compiuto. Queste parole, molto evocative, mi hanno
subito colpito, anche se il significato più profondo
l'ho compreso camminando, e lo scopro man mano che
ripenso all’esperienza fatta. Non dico niente di
nuovo indicando quanto sia importante il viaggio
o il pellegrinaggio nell'espressione della religiosità
di tutti i tempi e di tutti i popoli. Il pellegrinaggio
alla Mecca o a Gerusalemme e a Roma per rimanere
appena nell'ambito delle religioni monoteiste. Gli
stessi fondatori delle religioni esistenti sono
pellegrini o ricevono la rivelazione durante un
viaggio presso luoghi ritenuti "sacri".
I Vangeli sinottici racchiudono l'attività messianica
di Gesù di Nazareth in un viaggio a Gerusalemme,
mentre Buddha riceve l'illuminazione sotto il fico
di Benares al termine di un pellegrinaggio. Lo stesso
Socrate, spostandoci in un ambito e in una cultura
diversa, pellegrino al tempio di Apollo, comprende
a Delfo la via aurea della sapienza: "Conosci
te stesso!". Mentre Omero nell'Odissea descrive
il ritorno di Ulisse ad Itaca come il compimento
di un viaggio verso una umanità perduta. Tanti gli
anni di viaggio quanto i dieci anni di violenza
e di guerra nell'assedio di Troia. E così si potrebbe
continuare passando dalle religioni alla letteratura
e a tante altre espressioni del genio umano, arrivando
anche ad artisti e pensatori dei nostri giorni.
Chi
ha percorso il cammino delle stelle, la "via
lattea", il cammino di Santiago, si accorge
mentre cammina che la Cattedrale dell'Apostolo non
può essere la meta, ne è solo un grandioso segno.
La meta sei tu, è ciascuno nel suo rapporto con
sè stesso e con Dio: "siempre se anda el camino!",
è l'espressione tipica che si sente quando si finisce
il viaggio a Compostella.
Forse
la domanda posta da Dio ad Adamo nel giardino "Dove
sei?" (Gen 3,9) è allo stesso tempo una risposta
che l'autore della Genesi dà a noi che ci interroghiamo
sul perché o sulla necessità di pellegrinare e di
intendere la vita come un viaggio. Forse questa
domanda risponde ad altre domande. I motivi per
cui uno lascia casa e parte. La differenza che corre
tra un pellegrino e chi, pur viaggiando, magari
non lo è affatto. Si può essere sul cammino anche
per caso. È la condizione del vagabondo che non
sa dove si trova, né da dove viene e dove sta andando.
Invece
il pellegrino conosce bene cosa si è lasciato alle
spalle e dove è diretto. Quanto si incontrerà sul
cammino sarà una scoperta sempre nuova. La conchiglia,
simbolo del pellegrinaggio a Compostella, riassume
i temi essenziali del cammino. Da un'unica origine
partono le linee della "vieira" e tutte
si riconducono allo stesso punto. Come dire che
da Dio siamo generati e, ciascuno per la sua strada,
a Lui torniamo. La conchiglia ricorda anche il battesimo.
Il pellegrinaggio è nato come forma penitenziale,
per ridonare a chi è "lontano" l'innocenza
delle origini. Il segno della "concha"
è anche il simbolo del cuore. Tutte le esperienze
che si vivono durante il cammino della vita devono
esservi custodite, poiché Dio si rivela nella storia
di ognuno ed è lì che propriamente desidera essere
cercato. "Non basta essere nel cammino quanto
piuttosto essere il cammino".
Il
Cammino di Santiago non è solo un tragitto geografico.
Il Cammino significa, in ultima istanza, la vita
umana. Pellegrinare è camminare senza patria nell’esilio
di questo mondo. La fatica del Cammino, non riconducibile
soltanto a quella fisica, ci indica che ogni uomo
è, per essenza, "viator", pellegrino,
creato da Dio e liberato per Cristo.
"Per
grazia di Dio io sono uomo e cristiano, per azioni
gran peccatore, per condizione un pellegrino senza
tetto, della spesie più misera, sempre in giro da
paese a paese. Per ricchezza ho sulle spalle un
sacco con un po' di pane secco, la santa Bibbia
, e basta" , le parole d’inizio dei "Racconti
di un pellegrino russo" (1881), un classico
della spiritualità cristiana, manifestano la condizione
di "creatura" fragile e debole del pellegrino:
l’affermazione della creaturalità dell’uomo è il
pilastro del Cammino: chi non cammina non sa da
dove parte né ha coscienza di dove deve arrivare.
Pellegrino è colui che abbandona la sua casa, lascia
la sua patria e intraprende di andare verso una
terra lontana per cambiare la sua situazione. Quando
uno si decide a camminare sperimenta la spogliazione,
l’abbandono, si rende conto che quello che possiede
non è un "assoluto".
L’immagine
del pellegrino riporta alla memoria la figura di
Abramo. Ricorda la chiamata e l’esodo nel deserto
e la terra promessa. La spiritualità del Cammino
jacobeo coincide con la spiritualità biblica. Il
credente è colui che esce dalla sua patria, da quello
che considera proprio, nasce di nuovo, abbandona
le sue sicurezze e i suoi limiti, le sue "Sodoma
e Gomorra" e senza voltarsi indietro comincia
il suo itinerario verso la meta: il Cammino di Santiago
suscita e invita a pensare che l’uomo non è l’unico
signore né della storia nè della natura. Il viandante
è colui che scopre il Creatore e sa di essere immagine
di Dio.
Colui
che cammina, senza altro tempo che quello cronometrato
dalla creazione, senza altro rumore che il silenzio
della natura e dei suoi passi, percepisce che essere
uomo significa capacità di apertura, capacità di
cercare, di incontrare ed interrogare tutto quello
che lo circonda. Ma soprattutto la sua ricerca è
volta all’infinito, al mistero, a Dio nella profondità
della sua interiorità (cfr. S.Agostino "Deus
interior intimo meo, superior summo meo").
Il
pellegrino è inoltre un vessillo della speranza,
perché sa che la sua meta è provvisoria, in quanto
pian piano, passo dopo passo, scopre l’apertura
verso la pienezza. Il Cammino di Santiago fu sempre
un invito ad andare più in là, "ultreya":
dal Monte della Gioia, guardando verso Santiago
i pellegrini sanno che la gioia di aver raggiunto
una meta non appaga la convinzione che l’uomo deve
continuare a camminare, che si è appena all’inizio.
Il
pellegrino dopo essere stato presso al tomba di
S.Giacomo, aver contemplato il Portico della Gloria,
aver visto e toccato la colonna di Jesse che lo
univa a tutta l’umanità, aver pregato e ricreato
la sua anima con il silenzio, i canti e la Parola,
si dirigeva a contemplare la grandezza dell’Oceano,
e toccava con le sue mani, simbolicamente, il "Finisterrae",
il mondo allora conosciuto.
Tuttavia
il pellegrino nell’incontro con se stesso e con
l’assoluto, nel Cammino, mai si trova solo. Il Cammino
del pellegrino ha un Pedagogo. Per il viandante
del Cammino di Santiago il Pedagogo è Cristo. Pedagogo
e Cammino, per il pellegrino medievale come ora
per quello del terzo millennio, si fanno uno. Perchè
il Cammino per l’uomo che crede è Gesù, e questo
Cammino non è che un simbolo dell’unico e autentico
cammino per gli uomini.
Per
raggiungere l’Assoluto, per avvicinarsi a Dio non
c’è che un Cammino concreto, Gesù Cristo, la forma
visibile dell’Invisibile (Gv 1,18), l’Immagine del
Padre, l’icona di Dio (Col 1,15), il Verbo fatto
carne (Gv 1,14). Egli è Via, Verità, Vita (Gv 14,6),
guida di tutti i viandanti (Lc 24,13).
Attualmente
il Cammino a Compostella, in una Spagna mistica,
ardente, struggente, sfrenata, laica, sfarzosa,
gloriosa...incantata, terra di Vergini, cattedrali,
monasteri, cavalieri e pastori continua ad accogliere
la vita e la ricerca di numerosi viandanti. Parlare
del Cammino risulterà sempre una riflessione povera
se non si torna a calcare la strada che racchiude
più parole di tutti i diari scritti dai pellegrini.
Considerato
che il pellegrinare non riguarda le gambe soltanto,
ma soprattutto il cuore, ogni cristiano può e deve
adottare questa attitudine nella sua vita, orientandola
fino all’incontro col Padre, attraverso Cristo,
Cammino vivente (Eb 10,19-22), con la forza dello
Spirito.
Il
Cammino che Gesù propone ai suoi discepoli va nel
senso contrario a quello della sua incarnazione:
innalza, divinizza l’uomo facendolo partecipe del
dinamismo della sua morte e risurrezione e della
sua stessa vita (2Pt 1,4). Chi non si considera
pellegrino, difficilmente potrà sentirsi cristiano,
discepolo di un pellegrino e membro di un popolo
che cammina verso Dio.
Paziente
lettore e amico, che ci hai seguito con la preghiera
lungo il "Camino de Santiago" e in quelle
settimane ti sei appassionato al resoconto di un
cammino interiore particolarmente intenso, che queste
poche riflessioni ti spingano a cominciare, simbolicamente,
la "rotta" che porta a Compostella, e,
nel farla, proverai che essa custodisce i suoi segreti
solamente per colui che pellegrina e pellegrinando
ti accorgerai quanto preziosa sia, per la nostra
esistenza, la compagnia e l’immagine di Gesù, il
Pellegrino per eccellenza.
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