Il
Santo Calice di Valencia
Nicoletta
De Matthaeis

Il
calice dell’Ultima Cena, conosciuto anche come il Santo
Graal, ha ispirato un’abbondante letteratura nel Medioevo,
che poi è stata ripresa con grande forza in questi ultimi
vent’anni.
Secondo
la tradizione britannica, basata sull’opera di Robert
de Boron, fu utilizzato da Giuseppe d’Arimatea per raccogliere
il sangue di Cristo che uscì dal suo costato per effetto
del colpo di lancia inferto da Longino. Giuseppe d’Arimatea
l’avrebbe successivamente portato in Inghilterra entrando
così a formar parte del ciclo arturiano.
Ma
questa non è l’unica versione e le tradizioni su chi
sia entrato in possesso del calice si sovrapppongono.
In ogni caso, per catari, templari e rosacrociani, e
per l’esoterismo in generale, questa reliquia aveva
un’enorme trascendenza. Anche Wagner gli ha dedicato
la su opera ‘Parsifal’.
Ci
sono molti calici nel mondo che, in un dato momento
della storia, hanno vantato di essere il vero Santo
Graal, con più o meno fondamento. Nel secolo XVI se
ne contavano una ventina. Fra questi abbiamo il Calice
di Antiochia, il Sacro Catino di Genova, il Calice di
Nanteos, la Coppa di Hawstone Park, il Calice di Ardagh,
il Calderone di Gundestrup e il Santo Calice di Valencia.
Di
tutti questi l’unico che ancora rivendica la sua autenticità
è il Santo Calice di Valencia, anche perché il supporto
documentale degli altri è debole e poco rigoroso. Nel
2008 si è tenuto a Velencia il 1º Congresso Internazionale
sul Santo Calice, intitolato ‘Valencia, la città del
Santo Graal’. La conclusione del congresso è stata che
‘non esistono argomenti che neghino la sua autenticità’
confermando l’analisi ed i risultati del cattedratico
di Juan Pablo II Archeologia dell’Università di
Saragozza Antonio Beltrán pubblicati nel 1960. Il Congresso
ha anche richiesto che il Santo Calice sia dichiarato
patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Anche la Santa
Sede appoggia quest’ipotesi: Giovanni Paolo II lo usò
per celebrare la messa nel corso della sua visita a
Valencia nel novembre del 1982, così anche Benedetto
XVI, nel luglio 2006.
Il
calice ipoteticamente utilizzato da Cristo sarebbe una
delle tre parti, quella superiore, del calice attuale
che è custodito nella cattedrale. E’ sorretto da una
struttura-montatura di santo-grial-de-valencia-solooreficeria,
con due manici, di epoca medievale. E’ una coppa di
agata cornalina orientale di 9,5 cm di diametro e 7
cm di altezza, datata fra i secoli II e I a.C. proveniente
da Antiochia (Siria) o Alessandria (Egitto). Quindi
abbiamo: la coppa superiore (Santo Graal), la base (una
coppa ovale capovolta) e il nodo d’oro come elemento
di unione, con i manici e un ornamento sulla montatura,
decorata con pietre e perle.
La
tesi sull’autenticità del Santo Calice di Valencia sostiene
che questo fu portato a Roma da San Pietro, primo papa.
Janice Bennet, storiografa e scrittrice cattolica, dice
che è molto probabile che sia il Cenacolo (la sala dove
si svolse l’Ultima Cena) che il calice fossero stati
di proprietà della famiglia di San Marco evangelista,
molto amica degli apostoli. Marco successivamente lo
ritroviamo a Roma con Pietro dove scrisse il suo Vangelo
trascrivendo le parole di San Pietro. Quindi potrebbe
essere plausibile l’ipotesi che Marco avesse dato questo
calice a Pietro che lo usò a Roma per celebrare l’Eucarestia
e fu poi conservato e usato dai successivi papi fino
a Sisto II. Non abbiamo evidenze che San Marco abbia
conosciuto Gesù, ma è probabile, però sappiamo, dagli
Atti degli Apostoli, che dopo la resurrezione di Cristo
Marco aveva spesso ospitato gli apostoli nella grande
casa della sua famiglia a Gerusalemme, dove anche si
rifugiò Pietro appena scappato dalla prigione.
Per
rafforzare questa tesi si ricorre al Canone Romano,
o ‘Preghiera Eucaristica’ utilizzato dai primi papi,
in cui la formula usata per la consacrazione era: ‘Dopo
la cena, prese questo glorioso calice’ (hunc praeclarum
calicem) che era diverso da altre formule dell’epoca
sia in oriente che in occidente che recitano: ‘Prese
il calice’. Questa differenza nella formula fa supporre
che all’epoca i papi sapevano che si trattava dello
stesso calice usato da Gesù.
E
così si arriva al III secolo. Nel 258, per salvarlo
dalla persecuzione dell’imperatore Valeriano, Sisto
II lo avrebbe consegnato al diacono Lorenzo, originario
della città spagnola di Huesca, nella zona dei Pinerei,
che lo inviò alla sua città per mezzo di Precelio, un
cristiano spagnolo che si trovava a Roma. Quest’episodio
è raccontato nella ‘Vita di San Lorenzo’ scritta da
San Donato nel secolo VI. Poi del calice si hanno notizie
solo dall’VIII secolo in poi: secondo alcune tradizioni,
rimase nascosto per diverso tempo in vari luoghi dei
Pirenei per proteggerlo dall’invasione musulmana. Nel
secolo XI è presente nel monastero di San Juan de la
Peña, sempre in zona pirenaica e da allora in poi sono
perfettamente documentate tutte le sue peripezie in
territorio spagnolo fino ad arrivare a Valencia nel
1437.
Dal
punto di vista storico e cronologico del reperto in
sé, non c’è nulla da eccepire. E’ una coppa compatibile
con una tipica ‘coppa per la benedizione’ usata in Palestina
per la celebrazione della Pasqua. Nel British Museum
ce ne sono alcune simili, della stessa epoca, usate
per tal fine. Le coppe per la benedizione non potevano
essere di metallo né legno, ma dovevano essere di cristallo
o pietra. Secondo il Vangelo di San Marco, l’Ultima
Cena si celebrò in una sala grande e ammobiliata (Mc
14,13-15), non dice a chi appartenesse. La famiglia
ospite avrebbe potuto prestare anche la coppa per la
benedizione pasquale, un oggetto di valore e non di
uso quotidiano, come quello che avrebbe usato una famiglia
benestante come quella di Marco.
Anche
se è vero che non esistono argomenti che neghino l’autenticità
del Santo Calice di Valencia, è anche vero che il primo
anello della catena (portato a Roma da San Pietro) è
solo un’ipotesi e il fatto che l’abbia portato in Spagna
San Lorenzo appare per la prima volta in un documento
del VI secolo basato su una tradizione orale. Ulteriori
studi sono stati promossi per reperire altri dati che
confermino che il Santo Calice di Valencia ed il Santo
Graal sono la stessa cosa. Attenderemo l’esito.
Per
saperne di piú: 1) Antonio Beltrán. El Santo Cáliz de
la Catedral de Valencia. Valencia 1960 e 1984; 2) Janice
Bennet. San Lorenzo y el Santo Grial. Madrid 2008
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Camino
del Santo Grial :
(Jaca) S.Juan de la Peña-Valencia
Il Cammino del Santo Grial percorre il percorso della reliquia identificata come il Santo Calice dell'Ultima Cena, da Aragon
a Valencia, passando per Huesca, Saragozza.e
Teruel.
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